Ieri vagavo per via Luca Giordano come un’anima in pena, ero solo, senza l’ormai inseparabile passeggino nel quale spingo, ormai da 14 mesi il mio piccolo principe. Mi sono trovato improvvisamente con le mani libere e quasi non sapevo cosa farmene…Ci ho pensato un po’ e mi sono ricordato di quando con le stesse mani riuscivo addirittura a reggere e leggere un libro.
Mi sono detto: “ora ci provo” e così sono entrato dall’ odiato/a Fnac e lì tra gli ultimi libri, un po’ tutti uguali, messi sullo scaffale all’ingresso, chi ti trovo?
Con un bel faccione tondo, un filo di barba ed un filo più sottile di capelli trovo lui, il mio vecchio amico AndrèeAgassi ad occupare l’intera copertina di un libro il “suo” libro “Open”.
Inizio a sfogliarlo con diffidenza, convinto di trovarci le solite cazzate autocelebrative ed invece tutt’altro.
“Esordisce con un odio il tennis…”Che detto da uno che per anni è stato n. 1 del mondo fa un pochino strano.
Leggo qualche pagina, poi mi allontano perché 20 euro per un libro, cominciano ad essere davvero tanti…Così mi dirigo verso la zona macchine fotografiche ad osservare corpi macchina che non avrò mai, poi torno da lui, da Andre, come se avessimo lasciato un set a metà.
Riprendo a leggere e mi ricordo di quanto scroccavo interi libri giù a La Feltrinelli, altri tempi, altro look ,(ora non ho un look), altri ritmi…Cmq mi prende quella strana eccitazione, quell’entusiasmo cdi quando trovo una bella storia, diquando intuisco che per 5 giorni quel libro, quel romanzo, saranno il mio unico obiettivo. Tornare a casa prima, cenare in fretta, far addormentare Corrado, tutto per tornare alla lettura.
Alla fine lo compro: 20 euri nuovi nuovi e passa la paura.
Esco dall’odiato/a Fnac e mi siedo su una panchina a leggere qualche altra pagina…
Non riesco a staccarmi, questo tizio, chiunque sia, (con tutto l’affetto non penso proprio che l’abbia scritto Agassi stesso), con la scusa di raccontare di Andre parla senza saperlo a me, ma non a me oggi, a me di quando avevo 9 anni e poi a 10-11-12-13….
E non riesco a non pensare a quanto i sogni dei bambini siano tutti uguali, perché anche io, che mettevo la palla dall’altro lato con cadenza bisettimanale, anche io sentivo la pressione, anche io guardavo gli occhi di mio padre a bordo campo, anche io piangevo per una sconfitta e anche io toccavo il cielo con un dito per un rovescio lungo linea.
Mi sono ritrovato improvvisamente sul campo polveroso del t.c. eden, con il sole a picco, in un 15 luglio da impazzire dal caldo, e mi sono sentito i piedi cotti dal mateco, il suo odore penetrare nelle narici, mi sono venuti in mente i 7/6 7/6 e i 6/0 6/0, presi e dati, gli allenamenti con i birilli, i pomeriggi, i giorni interi passati a chiedere: “posso giocare maestro? Posso giocare maestro?Posso giocare maestro?” Fino ad indurlo alla disperazione, tanto da dirmi “si” e piazzarmi in un qualsiasi spazio vuoto, di un campo già pienissimo di piccoli invasati.
Ho ricordato le mie urla in motorino per la semifinale al t.c. Capodimonte, nello stesso anno in cui Cierro chissà come, giocava con Leconte, mi sono ricordato le troppe sconfitte dettate dall’emotività, mi sono ricordato dei ritorni dai torneri in auto con mio padre, dopo aver perso, quando sapevo che una mia piccola parola gli avrebbe fatto aprire il solito rubinetto: “tu non hai testa, tu sparacchi solamente ecc ecc…”. Ed ancora oggi quando parla di me mio padre, anche se prendo la racchetta in mano ogni 3 mesi, attacca con la stessa solfa e cazzo, mi fa imbestialire oggi come allora.
Che tu sia Agassi o Federico, cambia poco, scendi in campo e vorresti che quello fosse il tuo regno e ti affezioni ai calzettoni resi rossi dalla terra, elabori i tuoi piccoli rituali tipo fare una croce con la racchetta sul terreno prima della prima risposta, fissi l’avversario negli occhi per farlo incazzare, anche se all’apparenza gli stati chiedendo scusa per un net…
E come Agassi anche io odio il tennis, lo odio per ragioni diverse, lo odio come si odia l’amato che non ricambia, come si odia una vecchia fiamma che ora a stento ti saluta e che pensi nemmeno si ricordi più di te.
“Open” è un gran libro, e non solo per chi ama il tennis, è un gran libro per chi sogna, per chi in ogni piccola gioia deve trovare anche una punta di amaro, giusto per non rendere troppo insopportabile la felicità.
Ieri sera ho chiuso a pagina 130 mi pare, crollavo dal sonno, ma ho fatto in tempo ad arrivare sull’erba sintetica del Cus, per rivedermi in un tuffo alla Becker sottorete, con l’avversario che dall’altra parte mi guarda stupido per il gran punto, lo stesso avversario che dopo il terzo set, vinto da lui, mi stringe la mano senza sapere quanto quella sconfitta sarebbe durata per sempre…