il Numero 50

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Ecco, non guardate il bimbo con disabilità.

Guardate il numero 50.

Guardate quel bimbo un pò sovrappeso, di quelli che oggi vengono presi in giro, derisi, considerati “meno”.

Guardate quante volte mette in mano al bambino disabile la palla per farlo tirare.

Il numero 50.

Il numero 50 ci salverà, ci farà fare canestro.

Io ci conto.

ho trovato una vecchia fotografia, di quelle come si facevano una volta, scattando senza sapere se chi era ripreso stava bene, male, sorrideva, aveva gli occhi chiusi. Si scattava e basta e poi dopo una settimana si guardava il risultato.

Questa foto poi, per vederla ho dovuto attendere di più.

Mi pare venne messa in bacheca al tennis.

Ci sono io con la coppa in mano.

Un secondo posto nell’ Under 16 del circolo. Fabio mi aveva fatto una mazziata. 6-0 6-4. La mia emotività mi aveva praticamente paralizzato e così avevo giocato male, ma in foto sorridevo, tra Carlo Schiraldi e Zio Antonio, zio Luciano con la coppa del primo posto da dare a Fabio già pronta in mano, il maestro Polidoro identico al lupo di “voglia di Vincere” poco più dietro e semi nascosto dagli altri Maurizio Galise.

Ricordo l’orologio che indossavo, i pantaloncini, la tshirt semplice di quelle 4 a 10.000 lire.

Ho rivisto questa foto ed avrei voluto mostrarla a Zio Luciano, magari anche a Fabio, ma entrambi si sono congedati da questo posto.

L’ho mandata a Zio Antonio.

Mi ha risposto “altri tempi, bellissima”.

Mi avesse solo scritto “bellissima” sarebbe stato meglio.

“Altri tempi” mi ha riempito di malinconia.

Perchè Zio Luciano non c’è più, perchè Fabio non c’è più, perchè Carlo Schiraldi ha il cuore irrimediabilmente rotto, perchè il maestro Polidoro ormai cammina gobbo.

Il tempo è un mostro che divora.

Non c’è nemmeno più quel ragazzino con la coppa in mano che voleva solo giocare a tennis, tutto il tempo giocare a tennis, che stava male se pioveva e non poteva giocare, che si svegliava pensando a quello e si addormentando pensando a quello.

Eppure vincevo poco, giocavo bene e vincevo poco, fragile, nervoso, confuso, come anche adesso.

Erano altri tempi è vero.

Ora sono tempi duri, me lo sono tatuato qualche anno fa addosso e non sapevo fosse così vero.

 

c’è stato un tempo

C’è stato un tempo in cui ero ispirato. Mi alzavo di notte e scrivevo e scrivevo per tutta la notte. Poi al risveglio non ricordavo nulla, come quando si sogna, si sogna e poi si dimentica.

Scrivevo, inventavo, abitavo con personaggi che avevano volto, voce, un filo d’anima.

Mi chiudevo in casa dopo aver organizzato improbabili uscite, alle quali infatti mi sottraevo, ricevevo nel cuore della notte, ansimando e gemendo ed al mattino volevo di nuovo esser solo, meravigliosamente solo e triste.

Con la certezza che solitudine e tristezza se le sarebbero mangiati l’età adulta, ed invece così non è stato.

E’passata solo l’ispirazione.

Sono svanite le parole.

Sono scomparsi i compagni di scrittura.

Mi sono trovato solo, con la certezza delle mie parole, dei miei racconti, delle poesie orrende.

Le ho date per scontate, ed ho perduto anche loro.

Erano tempi che credevo non sarebbero mai tramontati, che pensavo protetti e pronti da poter essere rispolverati.

Non è così.

E’ svanita la mia poesie, è svanito quel “tutto può ancora accadere”.

E’ rimasta la banalità, la piccola felicità delle cose in ordine.