Menisco & Nuvole

La domanda principale è “a cosa cazzo serve un menisco?”.

Tutto sommato se non sei Baresi e non devi rientrare in tempi record in squadra, per giocare una finale mondiale e sbagliare un rigore, direi assolutamente a niente.

E’ uno di quei pezzi del corpo umano dei quali si può fare tranquillamente a meno ed infatti, per dimostrarlo, me ne sono fatto togliere un pezzo, o almeno credo. Il Dottore che mi ha operato, lo stesso che, credo, alla guida di un enorme suv mi ha strombazzato come un esaurito mentre alle 7.45 del mattino cercavo parcheggio davanti all’ospedale,  non mi ha spiegato nulla, nè mi ha detto cosa dovrò fare per passare dalla fase “sciancato” di ora, alla fase “camminante”.

La cosa, in estrema sintesi, si è svolta così:

1) attesa

2) attesa

3) attesa e fame

4) anestesia spinale: 5 tentativi, l’ultimo andato a buon fine. Non fa per nulla male… (“e’ironia”, come si affretterebbe a dire mio figlio Corrado)

5) operazione, pochi minuti, clima rilassato, un simpatico monitor su cui seguire il tutto

6) il post:  ritorno – mal di testa mortale, nausea, pallore imbarazzante, mezzo corpo addormentato.

7) pare che l’anestesia provochi robe strane tipo insonnia, crisi di pianto e altre cose di questo tipo. Io mi sono sparato un paio di pianti  chiedendo “i bimbi dove sono”, ed un ultimo in cui è uscito fuori il mio reale dolore, il nocciolo di tutto. Guardando Serena, e piangendo come un vitellino, ho detto “non voglio tornare in macchina con te…”

8) risveglio dall’anestesia. E’ tutto facile, è un intervento fesso, ma vedere che l’ultima parte a svegliarsi è proprio quella lì…Bè è strano. Non ho fatto altro che pensare a “nato il 4 luglio”

9) il ritorno a casa, le siringhe, i bambini a distanza di sicurezza, la noia…

Ho potuto testare che sono riuscito a farmi fare visita da un massimo di 3 persone, eppure non dico che ho pregato, ma quasi…

Sono arrivato alla conclusione che mi converrà ammalarmi da molto vecchio, così da trovare una giustificazione al fatto che nessuno mi verrà a trovare. Cintura nera di vittimismo.

C’è solo una cosa peggio di trascorrere questa piccola convalescenza a casa, ricevere le telefonate di Renato. Grazie Renato, un giorno mi spiegherai cosa cazzo mi vuoi dire quando chiami al telefono.

Per il momento mi sparo una dose doppia di ghiacchio, mi interrogo sui grandi perchè del mondo ed odio questa casa e la sua poca luce.

Oggi dovete morire tutti.