Saviano Vs De Magistris.

Lo “scontro” tra De Magistris e Saviano può essere utile spunto di riflessione, o essere relegato al solito, inutile battibecco amplificato da media troppo pigri per analizzare le questione e troppo lieti di dover solo riportare virgolettati.

Lo “scontro” tra questi due “primi uomini” è di fatto lo scontro tra due modi di essere napoletani e, se vogliamo, italiani.

C’è l’ipercritico (io appartengo a questa categoria), quello che in qualche modo nel sottolineare tutto il marcio, nel gioire, ma mai a fondo e davvero, sente di espiare un qualche peccato originale perché gioire mentre anche solo un fiore muore è un po’ come essere complici e conniventi.

E poi c’è il “cuorista” quello che di fronte ad ogni guaio, scempio, stortura, brutalità, illegalità, fa richiamo alla responsabilità comune, (di far cosa poi non è dato sapere), ma poi ostenta un sempre valido “dopo di che” e si appello al “si ma abbiamo un grande cuore”.

Il fatto che rende lo scontro tra De Magistris e Saviano così sentito, risiede proprio nella loro capacità di personificare a pieno le due categorie.

Ed è tipicamente italiano il fermarsi in curva, tirare fuori lo striscione, e trasformarsi in ultrà.

L’ultrà vive in un mondo pieno di tepore, un mondo rassicurante, dove la sintesi non esiste, non esiste il dialogo, non esiste il grigio. L’ultrà brandisce la spada della verità.

Ve lo immaginate un ultrà gridare in coro: “Forse andremo oltre il pareggio”, oppure “siamo i tifosi di una tra le squadre più forti del campionato”?

No, l’ultrà, come il Sith, vive di assoluti.

E di assoluti vive Saviano la cui narrazione è statica, compiaciuta, noiosa, morbosa, annoiante e, secondo me annoiata.

Un racconto sempre uguale dove il narratore viene trascinato nel narrato diventando egli protagonista ed è forse è questo che lo rende a miei occhi, ad esempio, così irritante.

Saviano è quell’attore che alla prima del suo film si piazza in piedi davanti allo schermo e fa quasi solo intravedere il girato.

E di assoluto vive De Magistris, la cui politica è quella dell’oppositore dalla sala dei bottoni,  del maestro del captatio benevolentiae, del siamo tutti napoletani, tranne quella considerevole parte dei napoletani che impedisce agli altri di vivere come in un paese ed in una città civili, quelli non esistono e se esistono sono di competenza altrui…

Il Sindaco ha una visione presepiale della città, anacronistica e, giova ripeterlo, beceramente populista.

Non è colpa del Sindaco se a Napoli si spara, questo è chiaro. Diventa anche colpa sua quando il proiettile non solo non viene attenzionato, ma viene vissuto con fastidio, come un molesto intruso nella scena rassicurante del bambinello riscaldato tra il bue, l’asinello, una pizza fritta di Sorbillo e una nave da crociera ormeggiata al molo Beverello.

Dunque mi spaventa lo scontro tra queste due maschere del nostro tempo, perché in quanto maschere ci rappresentano e lo scontro tra queste tipologie umane, tra questi due pensieri non dialoganti, tra due anime innamorate di se stesse ed in alcun modo propense, rende impossibile comprendere la necessità di penetrare l’altrui universo.

Napoli è chiusa in questa morsa ed è morsa che si fa sempre più stretta, dove per sopravvivere sei costretto a vivere in spazi sempre più angusti e dove evitare il contatto con l’illegalità è praticamente impossibile.

Ed è una morsa che si stringe anche quando si procede ad una narrazione sempre uguale, di una città criminale, come quando ad un bambino si dice in continuazione che è monello fino al punto in cui monello lo diventa, non fosse altro per accontentare chi  definisce.

Dovremo avere tutti la maturità di scendere dalle gradinate delle curve, sederci magari sul prato, scambiarci idee, prendere atto che Napoli è città fondata sulla camorra di strada e sulla borghesia criminale, quella che se non spara, comunque non si preoccupa della provenienza dei denari che brama e spesso immeritatamente guadagna e veicola. Ma Napoli è anche una città dove faticosamente si prova a preservare umanità ed umanesimo.

Ecco, Napoli è, come sempre si dice, una contraddizione, ma la contraddizione è anche e soprattutto un incontrarsi di correnti calde e fredde.

Questo auspico, che le correnti dei Saviano vadano incontro alle correnti dei De Magistris ed entrambe spariscano, fondendosi in qualcosa che anche solo da lontano, abbia il sapore di un ragionamento.

 

L’etica dei pennivendoli.

Come sempre chi esagera sbaglia, ma insomma mica Grillo ha tutti i torti quando si scaglia contro i “giornalisti”…

Lo fa per motivi diversi, io offro il mio.

Oggi il “Libero” del centro sinistra (leggi democrazia cristiana 2.0), “Repubblica”, offre, senza pudore alcuno, la foto di una bambina di 16 mesi morta, con il viso sul terreno.

Qualche mese fa, con finto pudore, il giornaletto, insieme a tutti gli altri, si interrogava, o fingeva di farlo, sulla opportunità di mostrare la foto di un altro bambino, quello ritrovato sulle coste turche.

Oggi un passo è stato fatto, ovviamente in direzione “sprofondo”, la foto viene mostrata, in prima pagina.

Segue poi l’articolo dove il “giornalista” parla del dubbio amletico di carattere etico, pubblicare o non pubblicare la foto, ed alla fine si autoassolve, (e condanna invece la nostra umanità dico io), affermando che  prima ancora che l’etica professionale c’è il dovere di informare e il diritto di conoscere perchè altrimenti non si sensibilizza a dovere l’opinione pubblica…

Motivazione stupida, falsa, sbagliata soprattutto.

E’ come per il dolore, sperimentandolo si alza la soglia e già la foto di questo bambino (anzi bambina), fa meno male di quella del precedente.

Come per gli attentati d’altronde: il primo lascia sgomenti e sconvolge, il secondo spaventa, il terzo fa riflettere, il quarto che dici pizza o panino?

Il genio del “giornalista” conclude poi il magistrale pezzo con una considerazione da tema di 3a media, una roba più o meno così: “se non sapremo affrontare il problema con coraggio e intelligenza la violenza continuerà e non basterà certo a salvarci la commozione di fronte all’immagine di bambini morti….

Bè al buon Roberto Toscano, autore di cotanta carta da culo sprecata, faccio notare a) che nel frattempo l’immagine l’ha sparata in prima pagina anche se non serve; b) non è tanto importante salvare “noi”, ma salvare quei bimbi morti di cui parla c) la sua, e quella di gran parte del giornalismo italiano, non è etica professionale, ma sensazionalismo, gossip macabro. Il giornalismo è altro, è ricerca, anche quando parla di cronaca.

Il giornalista è quello che sa cosa raccontare, ma soprattutto che sa con quale sensibilità raccontarlo.

Di fronte alla foto del prossimo bambino morto, (ne sono morti a migliaia in Siria anche se non fotografati, giusto per ricordarlo), la pancia farà meno male, il cuore si creperà ma non troppo e  sarà segno che l’umanità si è perduta un altro pò.

Ogni volta che un pennivendolo parla di etica professionale, un carattere della olivetti lettera 22 si suicida.

 

anno 2017, pianeta terra.

Il Papa e Mattarella, età media 150 anni, parlano dei giovani e della loro difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro… Finiamo ed iniziamo bene.

L’Europa, alla quale culturalmente e socialmente la Turchia, fino a solo due anni fa sembrava appartenere con forse più diritto dell’italia, piange le vittime di un altro attentato e tutti a parlare di terrorismo.

Ed invece è guerra, la peggior guerra, quella dove si uccidono civili inermi ed inconsapevoli, ad Aleppo come ad Istanbul, a Nizza, Parigi, Berlino, come a Mosul o Tikrit.

Se non si inizierà a dire ciò che è vero e cioè che è in atto una guerra, allora sarà difficile porvi fine.

Se continueremo con le retorica che noi siamo quelli che si stavano mangiano una pizza quando ecco il pazzo armato…Allora con il cazzo che saremo capaci di rimettere in asse il mondo.

Con questa mistificazione della realtà ci rendono anche impossibile chiedere una tregua, un armistizio, avviare una trattativa di pace, si rende il nemico indefinito,  o meglio si assimilano tutti i nemici ad un unico NEMICO.

Sono l’ultimo ad averlo pensato e magari scritto, ma ogni sopravvissuto di Aleppo, (ad esempio), sarà un nuovo potenziale nemico assetato di vendetta.

E no, a differenza di russi, americani ed europei io non penso che quindi andavano sterminati tutti, penso che se davvero si vuole il gas o il petrolio di un paese, è il caso di chiederlo, contrattarne il prezzo e comprarlo ed invece è la solita mentalità capitalista e colonialista.

Ed insomma il 2017 è già oltre il 2000 che si credeva porta di una nuova era, ed è 5 anni dopo la fine del mondo predicata dai Maya… Quanto cazzo ancora bisogna attendere prima che le cose cambino?

A me manca un sacco il 1988, avevo 12 anni, il mondo faceva schifo uguale, ma mi pareva avesse del potenziale, oggi siamo disumani, post moderni, iperconnessi e disumani.