“Le grandi interviste di Pat_thai” – Corrado De Rosa – (autore, con Laura Galesi, del libro “Mafia da legare” Ed. Sperling & Kupfer).

Per ovvie ragioni non posso nominare luoghi, strade, punti di riferimento. Questa strada io però la conosco da quando ero ragazzino, l’ho percorsa in auto, in vespa, qualche tratto anche a piedi. Ma ora qualcosa è cambiato, si sente odore di pericolo, odore di imprevisto…

Che odore ha l’imprevisto? Non lo so, so che avanzando muscoli mi si irrigidiscono e la mascella si fa più serrata.

Arrivo alla salita finale che la mia Punto quasi non riesce ad arrampicarsi. La casa ha cambiato volto, non ci sono più aggraziate siepi a difendere la privacy del villino, ma mura alte due metri. Ho timore di aver sbagliato casa, che i miei ricordi non siano così precisi come credevo.

Poi vedo una intera pattuglia di G.I. Joe  a protezione della struttura e capisco di essere nel luogo giusto. Mi avvicino lentamente, dopo essermi accertato che gli agenti dei corpi speciali mi abbiano inquadrato.

Sbrigo le formalità di identificazione: scansione della retina, controllo impronta, estrazione DNA; poi test psicoattitudinali e cognitivi.

«Si mi piacciono i fiori», rispondo.

Il G.I. Joe capo fa per alzare il mitra, ma per fortuna una voce in lontananza lo richiama: «Fallo entrare, fallo entrare».

Finalmente si aprono i pesanti battenti del cancello che mi impediva la vista di quel luogo un tempo familiare.

Il giardino è perfettamente curato, i 7 nani e Biancaneve spiccano per la loro eleganza sobria e per un attimo mi ritrovo ad avere 20 anni e mi vedo correre felice in quel prato.

Vengo accompagnato rapidamente all’interno della casa, un elicottero in lontananza mi ricorda che qui non si corre più, non per gioco almeno.

 

Eccolo, lui è seduto al pianoforte, non si gira verso di me, continua a cantare uno dei suoi brani preferiti “La Lambada”, ma per il suo solito vezzo di stupire ci inserisce un po’ di venature jazz..

Resto ad ascoltarlo.

A un tratto si gira e mi dice: «Ma tu lo sai che il subcomandante Marcos indossa la maglia della salute e che una volta che non ce l’aveva ha fatto saltare un agguato alle forze governative che aveva programmato da mesi?»

Gli dico che no, non lo sapevo. Mi pare deluso.

Poi come si fosse acceso un interruttore fa: “Uè ciao, che piacere rivederti, accomodati. Aspè, ti faccio portare un caffè. Alza il telefono, la telefonata viaggia su una rete protetta, viene controllata dal ministero e arriva direttamente allo “089”  che ci fa arrivare, via elicottero, i caffè in pochi minuti.

«Purtroppo a certe cose non posso rinunciare, anche se possono apparire vizi».

«Lo capisco – rispondo – ora però dovremmo iniziare».

«Spara», dice.

Manco il tempo di finire la parola che 3 G.I. Joe hanno fatto irruzione nella stanza, uno mi blocca con la faccia a terra, uno fa scudo a lui e l’altro controlla il perimetro.

«Cazzo fate!», urla Corrado. È tutto a posto, spiega che stava solo dando il via all’intervista.

Comprendo che non sarà facile intervistare “Corrado De Rosa”, lui ormai vive sotto altissima protezione.

«Iniziamo», dico stavolta cautamente e accendo il registratore dell’Ipod. Uno dei G.I. Joe è rimasto nella stanza in un angolo, non si sa mai.

D.        Ciao Corrado, è tanto che non ti si vede in giro, finalmente un gradito ritorno e dopo tanti anni di nuovo in onda con il tuo: “Il Pranzo è servito”, ma non eri morto?

R.        Ti prendi gioco di me con una battuta fiacca, ma consentimi di ringraziarti: avevo chiesto alla mia agente di assecondare ogni tuo desiderio pur di fare quest’intervista.

Mi sento lusingato.

D.        Ecco, credi che il fatto che la gente ti ritenesse morto, sia stato voluto da soliti poteri forti?

R.        Si è trattato dell’inevitabile macchina del fango che ha un buco nella gomma e che si è scatenata contro di me perché ho messo alla gogna quei poteri.

D.        Comunque, dicevamo, un anno importante, tanti cambiamenti, tanto lavoro, poi la ribalta: presentazioni, reading, nomi importanti, articoli sui giornali. Davvero tutto questo è merito solo dell’enorme montatura degli occhiali che indossi? O è tutta una montatura?

Mi guarda fisso negli occhi con quel suo sguardo bello e dannato, senza rispondere e con la bocca semiaperta.

D.        Hai scritto un libro, non possiamo far finta di niente, anche se sarebbe bello. “Mafia da legare”. (http://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2013/02/05/news/finti-pazzi-veri-mafiosi-1.50378;

http://ilmiolibro.kataweb.it/booknews_dettaglio_recensione.asp?id_contenuto=3741041) Saviano l’ha definito: “Un libro di una potenza incredibile, evocativo e surreale, diretto e audace, romantico e cinico, Holly e Benji…”, poi subito dopo ha detto: “Ah, De Rosa, io avevo capito De Silva”, si è chiuso in un lungo mutismo e, guardando fuori dalla finestra, ha sospirato: “Come vorrei mangiare un gelato senza la mia scorta”. Come ti fa sentire questo giudizio?

R.        Lusingato, soprattutto per il rimando a Holly e Benji: due giovani dall’identità confusa che incarnano simbolicamente il nostro tempo, sono pur sempre uno psichiatra. E fiero, perché ho scritto due libri, non uno. Il primo, però, ha cambiato così tanto la saggistica italiana che tutti cercano di nasconderne l’esistenza. Ancora il complotto …

D.        Hai intrapreso un percorso lungo, faticoso, impegnato e impegnativo, ma credo ne varrà la pena, giusto? Non è da tutti iniziare una dieta tra Natale e Capodanno.

R.        Ti ringrazio molto. Ho pure aperto un gruppo su Facebook in cui dispenso perle di saggezza. Ho tre “mi piace” al post: Il fritto è il peggior nemico dell’uomo

D.        A proposito di dieta e di cibo, la prefazione al tuo libro “Mafia da legare” è stata scritta niente di meno che da Pietro Grasso, prima che lui diventasse presidente del Senato. Siete molto legati? Hai il suo cellulare? Ma soprattutto hai avuto la tentazione di dirgli che: “L’ananas brucia il grasso”?

R.        Si, hai ottime fonti tu. È successo durante una presentazione del libro. Gli ho chiesto il suo         cellulare e mi ha riposto di non avere un cellulare. “Allora lasciami il tuo indirizzo email, Pietro. Ci diamo del tu, si?”, e gli ho dato un buffetto. Lui ha risposto: “Non uso la posta elettronica, ma nel caso La cerco senz’altro io”. E a quel punto gli ho detto la cosa dell’ananas

Corrado mi parla con franchezza, nei suoi occhi posso quasi intravedere, dietro la pesante montatura di mogano intarsiato, le tracce del ragazzino impacciato che era.

D.        Domande scomode lo so, ma tu sei un uomo scomodo, specie per la mancanza di collo, non trovi?

R.        Non lo trovo, piuttosto.

Risponde secco, e getta uno sguardo al nerboruto che se ne sta che se ne sta ancora in piedi, in un angolo

D.        Sei sempre stato conosciuto come il fratello di Antonio De Rosa, che a sua volta è conosciuto come il fratello di Corrado De Rosa, questo fa di voi due invisibili sconosciuti, perché?

R.        Perché abbiamo sempre pensato che lui fosse quello che sapeva scrivere bene e io quello che doveva andare al nord a lavorare. Ora lui lavora a Milano e c’è stato chiaramente qualche passaggio esistenziale sbagliato.

Faccio per domandargli ancora qualcosa sul fratello, ma mi stoppa con la mano e sussurra, appena udibile: «Quelle maledette cravatte da venditore di loft…Lo stanno distruggendo».

D.        Tua madre ti ha sempre assecondato, considerandoti quello intelligente di casa, donna di grande ironia?

R.        Si, ha pure considerato sempre te l’amico bello e intelligente di mio fratello.

E così i leva una pietra dalla scarpa che aveva dal 96.

D.        Torniamo al libro “Mafia da Legare” (ogni volta che lo nomino avanzo 5 euro), lo hai scritto a 4 mani con la giornalista Laura Galesi, è stato difficile far incontrare due ambidestri? Scrivevate sullo stesso foglio? Dicci di più.

R.        Io tenevo fermi i fogli e lei scriveva quello che abbiamo deciso di copiare da altri, l’abbiamo risolta così.

D.        In una recente intervista hai affermato: “Ogni interpretazione si muove sulla sottile linea che separa un’ipotesi ragionevole da una complottista”, ma o’ ver fai?”

R.        Ho anche detto ad un’importante testata internazionale: “È tutto un bluff, non seguite facili sensazionalismi criminali: questa non è una guerra di camorra”, e poi è scoppiata la nuova faida di Scampia, se è per questo.

D.        Mo’, tu sei sposato, hai una bella moglie e una bella figlia, non hai paura che la troppa fama e il successo impediscano a te e alla tua famiglia di passeggiare sereni per le vie del centro?

R.        Vivo come in una bolla di sapone, ma non è andata sempre così. Ero un po’ nervoso perché le cose non giravano. Poi all’improvviso la svolta: le copie del libro in due giorni esaurite nella mia città. Solo a Salerno, certo, ma è un buon inizio. La cosa strana è che tutto è andato di pari passo con un buco sulla carta di credito di circa tremila euro che non so spiegarmi, e con mia moglie che continuava a ripetermi: “Caro, ho avuto una spesa improvvisa”, ma sono felice, Vorrei solo mangiare un gelato senza la mia scorta…

D.        Vorrei concludere dicendoti che mio figlio si chiama come te, devi dirmi qualcosa?

R.        No, però se tuo figlio è calvo e porta dei sobri occhiali verde fosforescente allora forse si.

Corrado si alza, con passo deciso va verso il suo pianoforte a coda intarsiato di diamanti olandesi.

Il successo non lo ha cambiato. Si mette a sedere sulla panchetta e attacca a suonare una struggente versione di “Pasquale l’infermiere” del Califfo.

Non un saluto, non un cenno, il suo modo di accompagnarmi alla porta è questo, e vale più di mille parole.

 

P.S. Corrado De Rosa,  montatura degli occhiali a parte, è una persona seria. Ha scritto due libri, (io ne conoscevo solo uno, l’ultimo “Mafia da legare”, scritto con Laura Galesi, che non mi ha nemmeno regalato), ed è anche uno stimato psichiatra.

Mi ha concesso questa intervista fregandosene del fatto che da oggi quando qualcuno scriverà su google “Corrado De Rosa”, apparirà anche il link  al blog. A lui il mio rispetto, ed un ricordo a tutti quei giornalisti e scrittori coraggiosi che non possono mangiare il gelato quando cazzo gli pare.

P.P.S. Corrado, ci ha tenuto a giustificare tutta l’intervista in un carattere che conosce solo lui, il “Garamond”…Ignaro del fatto che sui blog tiscali va tutto in malora…

 

 

“Le grandi interviste di Pat_thai” – Alfredo Vernetti.

 

Incontro Alfredo in piena notte, ha smontato da poco dal suo turno in ospedale.

Per concedermi di intervistarlo mi ha imposto di andare a Roma, dove vive e lavora.

C’è una vecchia ruggine tra di noi, una di quelle cose che il tempo non riesce a lavare via.

Mi saluta con finta cordialità, e puzza, puzza davvero tanto, più del solito.

Sto quasi per farglielo notare, ma mi fermo appena in tempo consapevole che, una parola sbagliata, e tutta l’intervista andrà a farsi benedire.

 Ci incamminiamo per uno stradone buio di Roma, un Trans che batte sull’altro lato della strada urla: “sciao Alfrè, sci vediamu scettimana proscima”.

Alfredo fa un cenno con il capo senza nemmeno girarsi. Riesco solo a chiedergli: “Alfrè, dove andiamo?”

Fa freddo, fa così freddo che le prime due domande dell’intervista si sono giacchiate e sgretolate, non le ricordo più.

 Conosco Alfredo da più di 20 anni. E’ iniziato tutto giocando a calcetto, spesso e volentieri contro. Ci siamo sempre detestati ed in campo la cosa era ancor più evidente.

Non posso negare che su di me eserciti un certo fascino, è un personaggio interessante, un lupo solitario, un disadattato con una sua ironia. Mi piace, come può piacere qualcosa di Kitsch.

 Finalmente arriviamo a casa sua.

Il palazzo è fatiscente, la luce nell’androne va e viene.

L’appartamento è al primo piano. E’ una casa vecchia, con mobili vecchi, con aria vecchia.

La persona che lo ospita per tenerlo lì, in passato, gli ha chiesto cose orrende delle quali Alfredo mi ha già detto di non voler parlare.

Ed io lo rispetto.

Riesce solo a dirmi ogni tanto, come a ripeterlo a se stesso: “però pago poco, è tranquillo”, “però pago poco, è tranquillo” e nel frattempo si dondola un po’ alla rain man.

 – Alfrè, iniziamo per favore che poi devo tornare in albergo.

Annuisce. Si guarda nello specchio appeso alla parete e poi fa: “sto bene? Sono magro?”.

No, Alfrè, sei davvero osceno.

Finge di non sentire.

Parto con le domande:

D. Sia chiaro a modo mio io ti voglio bene, sei un’icona, in negativo, ma sei un’icona.

 Valori strani nelle ultime analisi?

       R. A parte la peste nera tutto ok

 D. Vivi ormai a Roma da anni, perché? Cosa hai contro i romani?

       R. Mi piace il teatro e Roma rappresenta un’enorme scenografiaI Romani? Mediocri comparse di provincia.

 D Come è “vivere a Roma” a Napoli, in terra di Gomorra?

     R. Fatica a capire la domanda, i farmaci ormai lo stordiscono, poi si riprende e dice: “però pago poco, è tranquillo”, “però pago poco è tranquillo” e si dondola.

 D Ogni volta che torni a Napoli fai di tutto per incontrare i tuoi amici storici, senza renderti conto che, bene o male, tutti sono andati avanti, hanno altri affetti, altri rapporti, altri interessi, ma tu ti ostini, è una questione di coerenza?

     R. Sono masochista fino all’inverosimile, comunque uso quella gente per sentirmi meno solo e non nutro alcuna stima per loro.

Alfredo ormai è indurito dalla sua vita grama…

D Catullo inizia il carme 85 con il verso Odi et amo e con poche parole spiega il contrasto di sentimenti che l’amore provoca. Per te un moderno Catullo scriverebbe Odi et schif, perché tu sei un uomo che non genera contrasti e mette tutti d’accordo. Ti riconosci questa qualità?

    R. La diplomazia è una qualità di cui vado fiero

 D. Tanta gente sul web parla di te, ci sono anche pagine che portano il tuo nome, tutto ciò ti inorgoglisce?

       R. Ho molto carisma e so di essere una celebrità nel bene o nel male, prendo quanto di buono posso da questa condizione cercando di restare con i piedi per terra.

 D Anche questo Natale i tuoi parenti faranno di tutto per allontanarsi da te, come festeggerai. Ah, ho letto che 24 e 25 le pizzerie non fanno consegne a domicilio……

    R. Ho giocato d’anticipo, passerò la vigilia in ospedale a lavorare e per il 25 ho già pronta a casa una confezione di risotto in busta e dei grisbì.

 D Ho trovato una bellissima cassa in mogano, sta via nuova poggioreale, ti dispiace andare tu con la tua macchina e portarmela a casa?

     R. Troppo spesso persone come te hanno scambiato la mia disponibilità per debolezza. Io maledico tutti voi.

D. Per me sei un’ossessione, spesso durante la notte mi sveglio spaventato per aver sognato di essere te. La domanda è: tu veramente pensi di essere in forma?

     R. Penso che la tua sia una forma di patetica insicurezza e comunque la forma è uno stato mentale.

D. Non è arrivato secondo te il momento di mandare ai giovani un messaggio chiaro e dire loro che stempiarsi non è un problema?

  R .Certo volentieri: “ siate calvi, siate folli “.

D. sei innamorato?

      R. In questa fase della mia vita non ho tempo per l’amore. Comunque mi piace molto la fessa ( e qui fa il consueto segno con la mano a triangolo).  

Il mio pensiero chissà perchè va al tizio che manco mezz’ora fa ha gridato “scià Alfrè, sci vediamu settimana proscima”

 D. sei una brava persona?

     R. Direi “timorata di Dio”

 D. vieni sfruttato sessualmente?

       Chi non lo è… ? Fa una pausa lunga un secolo, poi subito riprende a mormorare ed a dondolarsi “però pago poco, è tranquillo, però pago poco, è traquillo”

       D. Pensi ci sia ancora spazio per gente come te?

           Un barlume di sincerità si fa strada nei suoi occhi. R. io sono disperato, io spesso per provare un’emozione mi sparo anche 10 radiografie di fila…

Capisco che non è il caso di andare oltre e gli dico:

 Per te un saluto speciale Alfredo, sei sempre stato un ottimo amico, peccato che io ti abbia sempre considerato un conoscente.

R. Io ti ho sempre considerato una meteora, è ti auguro di infrangerti contro un pianeta.

 Ci salutiamo, con una stretta di mano abbastanza vigorosa.

Oltrepasso la porta di casa e getto un’ultima rapida occhiata all’interno della casa, alle pareti ci sono quadri brutti e pesanti, in un angolo scorgo un costume da poliziotto ed una scatola di “control”.

Vorrei poter dire ad Alfredo che un giorno la sua vita cambierà, vorrei davvero…

 

Se questo è un “uovo”

a volte bisogna usare poche parole.

A volte bisogna trovare un modo per far capire che esiste ancora, nonostante tutto, nonostante il relativismo imperante (marò, sembro il Papa), il giusto e lo sbagliato.

Trattare gli uomini come animali e anche peggio, come è successo a Lampedusa…

Tutte le altre cazzate di chi parla di Patria, di difesa delle ns radici, di cultura italiana, oltre ad essere storicamente sbagliate, sono fumo, sono nebbia, sono aria fritta.

Resta che l’uomo deve essere al centro di tutto.

Quando è in arrivo un altro bebè in una famiglia, ho visto insegnare al futuro fratello o alla futura sorella maggiore, un gioco. “Tieni questo uovo in mano tutto il giorno, non farlo rompere, quest’uovo è il tuo fratellino o la tua sorellina”. Così si tenta di insegnare ad un bambino la cura, l’accudimento, la delicatezza, il rispetto.

Cosa dire a noi uomini che trattiamo altri uomini come rifiuti? Come se esistesse un’umanità di serie A, una di serie B, una di serie C…

Io riesco solo a dire “guardate a quegli uomini come fossero i vs figli di grandi”.

Non riesco a pensare ad altro, perchè già schiumo di rabbia.

Ora parlatemi della bandiera italiana, del nazionalismo, della difesa del territorio, poi però andate di corsa a prendere della carta perchè avete appena frantumato l’uovo che vi avevano affidato…

Al via il ciclo “Le grandi interviste di Pat thai” – questa settimana “Renato Previtera”

Finalmente, dopo molti sforzi, parte il progetto “Le grandi interviste di Pat thai”.

Per iniziare abbiamo scelto un personaggio di alto profilo la cui personalità ed il cui multiforme ingegno ci è di sprone ogni giorno: Renato Previtera!

Intervista a Renato Previtera.

Dopo gran penare riesco a raggiungere Renato Previtera per chiedergli un’intervista.

Renato è uomo schivo, poco avvezzo a parlare di sé, ci conosciamo da sempre e fa un’eccezione.

“Vediamoci da me” mi dice.

Lo raggiungo nel suo loft a Via G.D.

Si nota subito che Renato è uomo di classe e di buon gusto. Spiccano alle pareti le opere dei suoi pittori preferiti, tra tutti riconosco un “Teomondo Scrofalo” che mi commuove per la sua bellezza.

 Renato non ha tempo da perdere e con fare risoluto mi dice:

“iniziamo, tra un po’ ho una riunione”

  La luce che filtra dalla finestra mi restituisce un Previtera ancora più carismatico ed in qualche modo mistico.

So di non poter perdere tempo e che devo sfruttare a pieno questa opportunità.

Poso l’Iphone sul tavolo e inizio a registrare.

 “Ciao Rena, innanzitutto grazie per l’intervista.

So che sei molto impegnato, quindi cominciamo:

D. – Ti è costato molto togliere il pigiama?

 R. Devo dire che è stato uno dei primi traumi della mia vita. Ancora oggi cerco di vestirmi con abiti che mi ricordino le fantastiche trame dei pigiami ospedalieri.

Purtroppo non hanno ancora inventato i jeans con l’elastico…

D. Perchè “Previtera” e non “Privitera”? Non ti sembra un pò pretenzioso?

R. Sbuffa visibilmente seccato. (credo di aver toccato un tasto dolente)

 D. – Una domanda di attualità, diretta, un vero pugno allo stomaco: ti manca Zeus?

 R. Mi conosci da tanto tempo, sai che non risponderò mai a domande del genere.

 Si commuove un pò, giusto un velo di tristezza sui profondi occhi color impepata di cozze.

D. Il tuo percorso professionale è noto a molti, ma in tanti ci chiediamo ancora, perché non hai continuato giurisprudenza? E’ sempre stata nelle tue corde…

 Ricordo con gioia quelle fantastiche giornate passate a studiare “diritto romano”, una delle materie più affascinanti che abbia mai approcciato… purtroppo avevo un compagno di studi che mi ha portato a decidere che quell’indirizzo non faceva per me. Quando ho capito che lui voleva studiare ho lasciato perdere. Peccato, sarebbe stato utile avere un altro avvocato in questa città!

 Provo a fargli una domanda più intima, ma mi stoppa subito con la mano e so che quando Renato dice no, non c’è nulla fare.

  Provo a cambiare registro.

D. Sei andato al Pra?

R. no

 D. Dimmi del futuro. Che fai domani?

 R. Probabilmente andrò al Pra.

 D. Tifi Milan, lo sanno tutti. Com’è tifare Milan a Napoli, in terra di Gomorra?

 R. Preferisco non rispondere. Ormai sono costretto a vivere sotto scorta durante tutte le partite del Milan e ad esultare nelle maniere più astruse. L’ultima volta, per esempio, per poter esprimere la gioia per un gol di Kakà ho dovuto telefonare ad un amico urlando: “È SCESO CON ZEUS!!!!!!”

 D.  Hai mai commesso gesti violenti e assurdi per colpa della tua fede calcistica?

 R. Sai bene che è così. Dovresti ancora portarne i segni. Peccato non aver proseguito su questa strada.

A questo punto si gira e sputa con violenza dalla finestra. Trasuda carisma.

 D. Svelo io un tuo piccolo segreto.Hai due piccoli tatuaggi, uno sul gluteo destro (il profilo di Mandela), uno sull’interno coscia, un topolino che ordina due marinare alle spaghettata di Via Gino Doria. Cosa rappresentano?

 R. Rappresentano entrambi un periodo particolare della mia vita. Me li ha tatuati Marco Licastro durante una vacanza a Vieste. Avevo già deciso che il mio hobby sarebbe stato “imparare a soffrire” ma non sapevo ancora quale via percorrere; iniziai chiedendo a Marco di imparare a fare i tatuaggi su di me.

A proposito, scusami se approfitto di questo spazio per un messaggio personale, purtroppo i due tatuaggi rappresentano icone del passato, oltre a Mandela abbiamo perso anche La Spaghettata… Marco, dobbiamo aggiornare questi tatuaggi.

D.  Di  nuovo una domanda un po’ cruda, ma ci conosciamo da tanto e so che non te la prenderai, in più credo possa servire a chi oggi ha delle difficoltà da affrontare:

come hai superato l’handicap di non avere peli sugli stinchi e sui polpacci?

R. Uso dei calzini di lattice trasparente con su installati peli di orso bruno. Comodi e freschissimi anche d’estate.

D.  Sei sempre stato avvolto da un alone di fascino e mistero, a cosa credi sia dovuto?

 R. Alla mancanza di peli sugli stinchi e sui polpacci.

 D. E’ vero che quando non lavori il tuo hobby è soffrire?

 R. In effetti ti ho risposto prima (lo dice con malcelata stizza). Ti dico anche che sto sperimentando una nuova tecnica: mi faccio prescrivere farmaci a caso e visite specialistiche convenzionate con il SSN. Ora sto pensando alle visite con tecniche invasive

D.  Puoi svelare ai lettori di “Pat thai” un piccolo trucco per soffrire meglio?

 R. Guarda, non seguo delle vere e proprie regole .L’unico consiglio che mi sento di dare ai tuoi lettori è quello di non abbattersi. È solo non perdendo la fiducia in noi stessi che possiamo continuare a soffrire in maniera adeguata, nonostante le tante cose belle che purtroppo possono accadere.

 D. Per salutarti ti giro una domanda degli Antrax:

“Benvenuto nella pancia della bestia
Una mente, una voce
Benvenuto nella pancia della bestia
Chi sente la tua voce?”.

 R. Prima di tutto si scrive Anthrax… Ti rispondo con un loro ritornello (te lo dedico, mio caro amico):

 “La vendetta verrà compiutaE non potete farci niente
È ora che abbiate ciò che vi meritiate
La morte dall’alto!”

            Subito dopo aver risposto guarda fuori dalla finestra, idealmente ad indagare su dove sia finita la rasca di prima.

            Capisco che il tempo delle domande è finito.

            A distanza di anni sono ancora sgomento di fronte al suo spessore umano e culturale.

            So che non c’è altro da dire,

             “Ciao Rena, ci vediamo da Rino”.

            Mi fa un cenno con il capo e mi accompagna alla porta.

Tutti i diritti riservati.

Come il cassetto di Serena

Boh…

siamo tutti bravi a dirci di sinistra, di destra, a criticare, a protestare, a impegnarci, a parlare di modelli economici, sociali, culturali.

Poi penso che io il piatto a tavola lo metto, sempre, anche ricercato talvolta.

Penso che ho l’auto, il motorino, la possibilità di viaggiare e di comprare roba su amazon che manco sapevo esistesse.

Penso che forse dovrei star zitto, che non posso permettermi il lusso nè di essere di destra, nè di essere di sinistra.

Penso che questo dicembre non incasserò un euro, e non sarà un problema, continuerò a mettere il piatto a tavola ed a comprare la frutta senza chiedere al fruttivendolo di togliere due arance se va oltre il peso che gli ho chiesto , come invece  ha fatto una vecchietta sotto i miei occhi contandosi i soldi,

Penso che non sia questione di mondo giusto o mondo sbagliato, ma di mondo.

Che non è questione di gente buona e gente cattiva, ma di gente. Che la perfezione non può esserci, ma che deve esserci la ricerca della perfezione e che se rinuncio/amo alla ricerca di qualcosa, eliminiamo anche la possibilità che quella cosa possa esistere.

Mi lamento un sacco, ho maturato milla paure. Mi chiedo però chi ci ha inculcato l’idea che il mondo e la vita siano necessariamente facili. E’ un delirio di onnipotenza che ci fa pensare che tutto possa essere perfetto e questo pensiero ci porta a star male quando comprendiamo che tutto è molto lontano dall’esserlo.

Guardare alla vita come un’avventura in un bosco, con la bellezza dell’albero sotto il quale trovare la pace, ed il timore del lupo che ti sbrana. Potrebbe essere una soluzione.

Le aspettative dell’epoca moderna, che l’uomo possa dominare le cose ed il suo destino, ci ha trasformato in gente insoddisfatta.

Non occorre inventarsi un Dio per capire che ci sono cose che non possiamo controllare.

Vivere per vivere, ricomprendendo fallimenti, sconfitte, dolori, lutti, perdite, rabbia, rancore, fame… Oltre a tutto il resto sia chiaro, ma smettendola di pensare che vi siano due distinti cassetti, uno per le cose belle ed uno per le brutte e che uno dei due possa essere tenuto sempre chiuso a chiave.

No, la vita è come il cassetto di Serena, ci trovi di tutto, senza alcun criterio, se non il caos…Ma sbaglio o è dal caos che è venuta fuori la vita^

Lorenzi, o come dicevan tutti Renzi…

Chiariamo subito una cosa: il fatto che il mio compleanno sia l’8 dicembre, giorno in cui si sono decise le primarie del Pd, non rappresenta, nè può essere interpretato come un “endorsement”, (oggi se scrivi “appoggio” o “schieramento” non sei nessuno), in favore di Renzi.

Annotatevelo per favore.

Non ho una posizione chiara sulle primarie del pd e so di essere ormai giunto ad una deriva assolutamente populista, quindi misurerò al meglio le parole…

Le primarie stanno alla democrazia come il televoto al suffragio universale…Una presa per il culo, nè più nè meno.

Credo, sono convinto anzi, che nel selezionare i finti candidati alle primarie si seguano più o meno gli stessi criteri con i quali si selezionano i concorrenti per i reality.

Immagino la sigla da “Grande fratello”:

“Entra nella casa…Cuperlo”. E poi la d’Urso che piangendo, (la d’Urso piange di default), ci racconta la storia dell’anemico concorrente. “Figlio di genitori medio borghesi, da sempre attento ai diritti degli operai discriminati dai campi di golf…”

“Civati, ragazzo in gamba, belloccio, riesce ad alzare anche 40 kg alla panca orizzontale, attento al look finto trasandato, il suo motto è: “meno tagli alla sanità, più tagli di capelli alla moda”.

“Renzi, già protagonista di musical “(Grease, Aggiungi un posto a tavola),  ha rilanciato la moda del giubbino di pelle. Amato dalle nonne rincoglionite e dalle ragazze che hanno avuto troppe fregature dagli uomini”.

Insomma, il pd ci propina una scelta per ogni gusto. Dimmi che elettore sei e ti darò il tuo candidato tipo.

Mi sa che un’idea sulle primarie ce l’avevo…

De Magistris mi ha rubato l’ultima illusione, eppure dovevo capirlo che dove c’è bandana c’è un coglione. Quindi non riesco più a crederci, nè ad emozionarmi di fronte ad un condottiero dello spessore di Renzi.

Lo ha subito chiamato, non appena si è diffusa la notizia della sua schiacciante vittoria, lo statista Brunetta.  Questo già non depone bene.

Attendo fiducioso le prime proposte che il nuovo segretario avanzerà.

Nel frattempo ho scaricato tutte le prime 10 stagioni di Happy Days. Voglio farmi trovare pronto, voglio conoscere in anticipo le sue mosse.

In tutto questo ieri mattina, pur di non seguire questo teatrino mi sono buttato a 30 metri sott’acqua. Una piccola cernia mi si è avvicinata e mi ha chiesto due euro, credo abbia detto qualcosa del tipo: “mi servono per la democrazia”, ho cercato nel gav e glieli ho dati, poi ci ho pensato su, forse era Alfano che tentava di infuenzare il voto…