Al via il ciclo “Le grandi interviste di Pat thai” – questa settimana “Renato Previtera”

Finalmente, dopo molti sforzi, parte il progetto “Le grandi interviste di Pat thai”.

Per iniziare abbiamo scelto un personaggio di alto profilo la cui personalità ed il cui multiforme ingegno ci è di sprone ogni giorno: Renato Previtera!

Intervista a Renato Previtera.

Dopo gran penare riesco a raggiungere Renato Previtera per chiedergli un’intervista.

Renato è uomo schivo, poco avvezzo a parlare di sé, ci conosciamo da sempre e fa un’eccezione.

“Vediamoci da me” mi dice.

Lo raggiungo nel suo loft a Via G.D.

Si nota subito che Renato è uomo di classe e di buon gusto. Spiccano alle pareti le opere dei suoi pittori preferiti, tra tutti riconosco un “Teomondo Scrofalo” che mi commuove per la sua bellezza.

 Renato non ha tempo da perdere e con fare risoluto mi dice:

“iniziamo, tra un po’ ho una riunione”

  La luce che filtra dalla finestra mi restituisce un Previtera ancora più carismatico ed in qualche modo mistico.

So di non poter perdere tempo e che devo sfruttare a pieno questa opportunità.

Poso l’Iphone sul tavolo e inizio a registrare.

 “Ciao Rena, innanzitutto grazie per l’intervista.

So che sei molto impegnato, quindi cominciamo:

D. – Ti è costato molto togliere il pigiama?

 R. Devo dire che è stato uno dei primi traumi della mia vita. Ancora oggi cerco di vestirmi con abiti che mi ricordino le fantastiche trame dei pigiami ospedalieri.

Purtroppo non hanno ancora inventato i jeans con l’elastico…

D. Perchè “Previtera” e non “Privitera”? Non ti sembra un pò pretenzioso?

R. Sbuffa visibilmente seccato. (credo di aver toccato un tasto dolente)

 D. – Una domanda di attualità, diretta, un vero pugno allo stomaco: ti manca Zeus?

 R. Mi conosci da tanto tempo, sai che non risponderò mai a domande del genere.

 Si commuove un pò, giusto un velo di tristezza sui profondi occhi color impepata di cozze.

D. Il tuo percorso professionale è noto a molti, ma in tanti ci chiediamo ancora, perché non hai continuato giurisprudenza? E’ sempre stata nelle tue corde…

 Ricordo con gioia quelle fantastiche giornate passate a studiare “diritto romano”, una delle materie più affascinanti che abbia mai approcciato… purtroppo avevo un compagno di studi che mi ha portato a decidere che quell’indirizzo non faceva per me. Quando ho capito che lui voleva studiare ho lasciato perdere. Peccato, sarebbe stato utile avere un altro avvocato in questa città!

 Provo a fargli una domanda più intima, ma mi stoppa subito con la mano e so che quando Renato dice no, non c’è nulla fare.

  Provo a cambiare registro.

D. Sei andato al Pra?

R. no

 D. Dimmi del futuro. Che fai domani?

 R. Probabilmente andrò al Pra.

 D. Tifi Milan, lo sanno tutti. Com’è tifare Milan a Napoli, in terra di Gomorra?

 R. Preferisco non rispondere. Ormai sono costretto a vivere sotto scorta durante tutte le partite del Milan e ad esultare nelle maniere più astruse. L’ultima volta, per esempio, per poter esprimere la gioia per un gol di Kakà ho dovuto telefonare ad un amico urlando: “È SCESO CON ZEUS!!!!!!”

 D.  Hai mai commesso gesti violenti e assurdi per colpa della tua fede calcistica?

 R. Sai bene che è così. Dovresti ancora portarne i segni. Peccato non aver proseguito su questa strada.

A questo punto si gira e sputa con violenza dalla finestra. Trasuda carisma.

 D. Svelo io un tuo piccolo segreto.Hai due piccoli tatuaggi, uno sul gluteo destro (il profilo di Mandela), uno sull’interno coscia, un topolino che ordina due marinare alle spaghettata di Via Gino Doria. Cosa rappresentano?

 R. Rappresentano entrambi un periodo particolare della mia vita. Me li ha tatuati Marco Licastro durante una vacanza a Vieste. Avevo già deciso che il mio hobby sarebbe stato “imparare a soffrire” ma non sapevo ancora quale via percorrere; iniziai chiedendo a Marco di imparare a fare i tatuaggi su di me.

A proposito, scusami se approfitto di questo spazio per un messaggio personale, purtroppo i due tatuaggi rappresentano icone del passato, oltre a Mandela abbiamo perso anche La Spaghettata… Marco, dobbiamo aggiornare questi tatuaggi.

D.  Di  nuovo una domanda un po’ cruda, ma ci conosciamo da tanto e so che non te la prenderai, in più credo possa servire a chi oggi ha delle difficoltà da affrontare:

come hai superato l’handicap di non avere peli sugli stinchi e sui polpacci?

R. Uso dei calzini di lattice trasparente con su installati peli di orso bruno. Comodi e freschissimi anche d’estate.

D.  Sei sempre stato avvolto da un alone di fascino e mistero, a cosa credi sia dovuto?

 R. Alla mancanza di peli sugli stinchi e sui polpacci.

 D. E’ vero che quando non lavori il tuo hobby è soffrire?

 R. In effetti ti ho risposto prima (lo dice con malcelata stizza). Ti dico anche che sto sperimentando una nuova tecnica: mi faccio prescrivere farmaci a caso e visite specialistiche convenzionate con il SSN. Ora sto pensando alle visite con tecniche invasive

D.  Puoi svelare ai lettori di “Pat thai” un piccolo trucco per soffrire meglio?

 R. Guarda, non seguo delle vere e proprie regole .L’unico consiglio che mi sento di dare ai tuoi lettori è quello di non abbattersi. È solo non perdendo la fiducia in noi stessi che possiamo continuare a soffrire in maniera adeguata, nonostante le tante cose belle che purtroppo possono accadere.

 D. Per salutarti ti giro una domanda degli Antrax:

“Benvenuto nella pancia della bestia
Una mente, una voce
Benvenuto nella pancia della bestia
Chi sente la tua voce?”.

 R. Prima di tutto si scrive Anthrax… Ti rispondo con un loro ritornello (te lo dedico, mio caro amico):

 “La vendetta verrà compiutaE non potete farci niente
È ora che abbiate ciò che vi meritiate
La morte dall’alto!”

            Subito dopo aver risposto guarda fuori dalla finestra, idealmente ad indagare su dove sia finita la rasca di prima.

            Capisco che il tempo delle domande è finito.

            A distanza di anni sono ancora sgomento di fronte al suo spessore umano e culturale.

            So che non c’è altro da dire,

             “Ciao Rena, ci vediamo da Rino”.

            Mi fa un cenno con il capo e mi accompagna alla porta.

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