Rubrica: “compiti per l’anima” n. 1

Il vantaggio di non aver lettori è che puoi rivolgerti a quelli immaginari.

Uno sconfinato pubblico di lettori in attesa delle mie parole, disponibile a perdonarmi se sbaglio la punteggiatura, se ometto una dopia, se inverto una Minuscola con una maiuscola…

Una platea in grado di apprezzare il senso di ciò che scrivo, anche quando vengo preso da autocompiacimento “letterario” diciamo.

Ed allora, proprio oggi, nel preciso istante in cui ho maturato la decisione di mettere mano ad una cosa di lavoro, mi si è attivata la “cazzeggio machine”, complessa apparecchiatura in grado di rilevare quando è in atto un comportamento “lavorativo” e deviarlo immediatamente verso una forma di inconcludente cazzeggio.

Breve preambolo per introdurre una nuova rubrica (forse la prima, forse l’unica).

Si chiama “Compiti per l’anima“.

Compiti per me, prima che per voi sconfinato pubblico di lettori virtuali; compiti non per nutrire l’anima, che a quello ci pensano altri, ma per tenerla in attività.

Perchè contrariamente a quanto sostiene qualcuno, l’anima non è una roba immateriale ed eterea, è più qualcosa tipo un muscolo.

Poi ognuno se la immagina come vuole e la colloca dove gli è più facile trovarla o, magari, dove gli è più difficile.

Io la mia anima me la immagino come un quadricipite femorale, mi piace così.

(per chi volesse approfondire la composizione del quadricipite invito a cliccare sulla pagina wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Muscolo_quadricipite_femorale#:~:text=%C3%88%20notoriamente%20costituito%20da%20quattro,riflesso%20del%20quadricipite%20che%20originano) dalla quale scoprite che è quadri un par di palle).

Comunque dicevo, l’anima va allenata, a volte stressata, altre volte bisogna metterci del ghiaccio sopra, altre va lasciata defaticare, come dopo i 5 set di Sinner.

Ecco, il primo compito è questo, e lo suggeriscono i King Crimson.

Compito n. 1

Parlate al vento.

Mettetevi seduti comodi, o anche scomodi, per terra, su una sedia, schiena dritta o accartocciati come una lattina di coca zero finita. Come vi pare, ma fatelo dove c’è vento.

Parlate in faccia al vento, o di spalle, o magari dentro al vento, (ma occhio che non si tratti di un uragano, altrimenti niente seconda puntata delle rubrica per voi).

Ditegli di Voi, di ciò che siete, di ciò che avreste voluto essere, o di ciò che sarete.

Definitevi come si deve e poi mischiatevi, fino a non definirvi più.

Ogni parola se la porterà al vento, e tutti quei segreti e quei pensieri saranno liberati, ma saranno allo stesso tempo custoditi con riservatezza.

Parlate al vento, non importa se a favore o controvento.

Se però scegliere di farlo controvento, ed avete un pò di zeppola, attenti a non sputarvi in faccia.

Colonna sonora: “I Talk to the wind” (King Crimson, dall’album “In the Court of the Crimson King”)